ETS e “attività diverse”, nuovi criteri per individuarle

Pubblicato l’atteso Decreto del Ministero del Lavoro e Politiche sociali sulle “attività diverse” per gli enti del Terzo settore (ETS), che individua i criteri e i limiti con cui è possibile svolgere attività diverse dalle attività di interesse generale dell’art. 5 D.lgs 117/17.

 

Già con l’art. 6 D.lgs 117/17 era stata introdotta la possibilità di svolgere anche delle attività “altre” rispetto alle ormai note attività di interesse generale elencate con specifiche lettere di riferimento all’art. 5, a condizione che fossero secondarie e strumentali rispetto appunto alle attività di interesse generale, il cui svolgimento in via esclusiva o principale si ricorda essere uno dei requisiti fondamentali per poter essere ente del Terzo settore.

Un secondo requisito per poter esercitare le attività diverse è quello che l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente espressamente preveda di poterle esercitare, seppur con una previsione generica e con una successiva individuazione delle singole attività diverse di volta in volta esercitabili da parte dell’organo che viene individuato come competente sul tema, solitamente l’organo di amministrazione.

Per comprendere effettivamente quali considerare attività diverse nel rispetto dell’art. 6 D.lgs 117/17, però si era in attesa del Decreto ministeriale in questione, il quale ha la funzione di riportare i criteri, anche quantitativi, per individuare strumentalità e secondarietà.

Il DM n. 107 del 19 maggio 2021, dopo aver specificato che le attività diverse sono strumentali alle attività di interesse generale solo quando, a prescindere dal loro oggetto, sono svolte per il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale dell’ente (art.2), precisa che si possano considerare secondarie quando:

a) i relativi ricavi non siano superiori al 30% delle entrate complessive dell’ente del Terzo settore;
b) i relativi ricavi non siano superiori al 66% dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore.

I due criteri sono naturalmente alternativi e l’organo di amministrazione deve individuare e dare evidenza di quale tra i due si applica per ogni esercizio.

 

Per quanto riguarda la parametrazione del secondo criterio (b), il Decreto precisa che è possibile comprendere tra i costi complessivi, anche:

a) i costi figurativi calcolati attraverso l’applicazione, alle ore di attività di volontariato effettivamente prestate, della retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dai contratti collettivi;
b) le erogazioni gratuite di denaro e le cessioni o erogazioni gratuite di beni o servizi, per il loro valore normale;
c) la differenza tra il valore normale dei beni o servizi acquistati ai fini dello svolgimento dell’attività statutaria e il loro costo effettivo di acquisto.

 

Il Decreto, e in modo particolare quest’ultima previsione relativa alla possibilità di poter conteggiare tra i costi anche dei valori figurativi, fornisce ulteriori elementi in merito alla compilazione dei nuovi modelli di bilancio per ETS (qui il comunicato a seguito della pubblicazione dei modelli di bilancio), che dall’esercizio successivo all’entrata in vigore del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, verosimilmente a partire dal 2022, dovranno essere obbligatoriamente redatti e depositati entro il 30 giugno ogni anno da parte degli ETS. I modelli di bilancio per ETS, infatti distinguono le voci in diverse sezioni contrapposte (entrate e uscite) a seconda delle attività cui quelle voci sono collegate: in primis attività di interesse generale (facilmente individuabili perché inserite negli statuti che ad oggi sono adeguati al D.lgs 117/17) e attività diverse che fino ad oggi avevano come unico riferimento il citato art. 6 D.lgs 117/17 e che con il Decreto 107 diventano invece più determinabili.