Volontariato, la "nuova stagione" dei CSV: passeranno da 65 a 49

Prende corpo la riforma dei Centri di Servizio per il Volontariato in base a quanto stabilito dal Codice del Terzo Settore. Nei giorni scorsi la decisione dell’Organismo Nazionale di Controllo sul nuovo assetto. Il presidente di CSVnet, Tabò: “Si è trattato di processi partecipati e mai verticistici”. La presidente del CSV di Verona e vicepresidente di CSVnet: “Ora per noi si aprono nuovi e importanti percorsi”

 

Cambia l’assetto dei Centri di Servizio per il Volontariato (CSV) sul territorio nazionale: entro il 2019 ne saranno operativi soltanto 49. Lo ha deciso l’Organismo Nazionale di Controllo dei CSV (ONC) che nell’ultima riunione della fondazione, tenutasi il 10 ottobre scorso, ha dato seguito a un percorso già avviato in questi ultimi anni che ha portato i CSV attivi dai 78 iniziali ai 65 attuali. La notizia arriva durante la conferenza nazionale di CSVnet a Matera che ha visto circa 300 partecipanti provenienti dai Centri di tutta Italia. “Viene così applicato l’articolo 61 del Codice del Terzo Settore (Dlgs 117/2017), il quale ha disposto il nuovo accreditamento dei Centri di Servizio e dettato i criteri per determinare il loro numero – spiega una nota di CSVnet, il coordinamento nazionale dei Centri di Servizio -. Esercitando le proprie facoltà, l’ONC ha però concesso alcune deroghe che hanno interessato otto regioni, in cinque delle quali opereranno più CSV di quanti ve ne sarebbero stati applicando la norma alla lettera”.

Il nuovo scenario. La nuova articolazione nazionale dei Centri per l’impiego, così come predisposta dall’ONC, vedrà dieci regioni e le due province autonome con un solo Centro regionale o provinciale, mentre nelle restanti nove regioni il loro numero oscillerà tra 3 e sei CSV. Ultimo nato, tra i CSV, quello di Bolzano: apertura che va a completare il quadro nazionale dei CSV su tutta Italia. Bolzano, infatti, era l’unica provincia a non avere un CSV di riferimento. Andando più nel dettaglio, le regioni maggiormente interessate da questa rivoluzione nell’organizzazione territoriale dei centri sono l’Abruzzo, che vedrà i quattro CSV attualmente attivi (L’Aquila, Chieti, Pescara e Teramo) fondersi in un unico CSV; segue la Calabria che dai cinque CSV attivi (Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia) ne avrà soltanto tre (restano i CSV provinciali di Reggio Calabria e Cosenza, mentre Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia costituiranno un unico centro). Un solo accorpamento, invece, è previsto in Campania dove ai CSV di Napoli, Caserta e Salerno che non subiranno modifiche si aggiungerà il nuovo CSV di Avellino e Benevento, che nascerà dall’accorpamento dei rispettivi CSV provinciali. Passa da nove CSV a quattro, invece, l’Emilia Romagna: resta il CSV di Bologna, mentre verranno accorpati tutti gli altri. I nuovi CSV saranno quindi quello di Ferrara e Modena; l’altro accorpamento vedrà riuniti sotto lo stesso Centro i CSV di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini; Parma, Piacenza e Reggio Emilia, infine, diventeranno un unico CSV. In Liguria i quattro CSV diventeranno tre: oltre a Genova e La Spezia, uniranno le forze i CSV di Savona e Imperia. La regione Puglia vedrà invece una riorganizzazione dei CSV che coinvolgerà anche nuovi territori: saranno quattro i centri, contro i 5 attuali, e saranno così distribuiti: un CSV per Bari e BAT (Andria, Barletta, Trani, Bisceglie, Canosa di Puglia, Minervino Murge, Spinazzola), al CSV di Foggia saranno aggiunti altri comuni della BAT, ovvero Trinitapoli, Margherita di Savoia, San Ferdinando di Puglia. Brindisi e Lecce uniranno le forse in un unico CSV, infine resta intatto il CSV di Taranto. Cambia anche il volto dei CSV del Veneto: dai sette Centri di Servizio attivi fino ad oggi, soltanto Venezia, Verona e Vicenza non subiranno cambiamenti. I due accorpamenti riguarderanno Belluno (primo CSV d’Italia) e Treviso, mentre Padova e Rovigo saranno protagonisti del seconda fusione della regione.

I primi a muovere i passi verso la riforma. Ad aver già intrapreso un percorso verso un CSV regionale unico o verso l’unificazione di più CSV provinciali, invece, la Lombardia che dal 2018 ha visto passare il numero dei CSV da 12 agli attuali 6 Centri (ovvero i CSV provinciali di Milano, Bergamo, Brescia, il CSV di Como e Varese, quello di Lecco, Monza e Sondrio e infine il CSV Lombardia Sud) ed è stata la prima regione d’Italia ad avviare una riorganizzazione territoriale nell’ottica della riforma. Anche l’Umbria sta perfezionando l’accorpamento dei CSV di Perugia e Terni. Nel Lazio, invece, Cesv e Spes hanno intrapreso da tempo un cammino di avvicinamento e già da gennaio 2019 i due CSV confluiranno nel Centro per il Volontariato Lazio. Immutata la situazione per i CSV regionali o provinciali come Sardegna, Basilicata, Valle d’Aosta, Trento, Toscana, Molise, Marche e Friuli-Venezia Giulia. Il Piemonte continuerà ad avere cinque CSV (uno a Torino, il secondo per Asti e Alessandria, il terzo per Biella e Vercelli, quarto per Cuneo e l’ultimo tra Novara e Verbano Cusio Ossola). Intatta l’organizzazione dei CSV anche in Sicilia, dove operano tre CSV: un Centro per Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Trapani, un secondo per Catania, Enna, Ragusa e Siracusa, e un unico CSV provinciale per Messina. 

Un “processo partecipato e mai verticistico”. La riorganizzazione, spiega CSVnet, non determinerà una svalutazione di due tra i maggiori punti di forza dei Centri di Servizio, ovvero il radicamento territoriale e la capillarità dei 400 “punti servizio” in tutta Italia. “Il cammino che ora inizia, e che comporterà la scrittura dei nuovi statuti – sottolinea il presidente di CSVnet, Stefano Tabò -, permetterà di reinterpretare e rafforzare questa presenza, rendendo possibili nuove configurazioni operative e ottimizzando risorse ed energie. Un passaggio del resto direttamente rispondente allo scenario prefigurato dal Codice del Terzo Settore”. Un passaggio epocale per i CSV, quindi, che ha visto intensi processi di coinvolgimento dell’associazionismo territoriale. “Si è trattato di processi partecipati e mai verticistici – sottolinea ancora Tabò -, dai quali sono emersi orientamenti che, ad eccezione di una sola regione, l’ONC ha pienamente recepito. Da parte nostra, esprimiamo soddisfazione per la lungimiranza dell’Organismo di Controllo, che è stato capace di conciliare i principi di legge con la disponibilità a gestire con attenzione un passaggio dalle notevoli implicazioni anche simboliche”. Inizia così una “nuova stagione” per i Centri di Servizio per il Volontariato, avviata con la riforma del 2016 che chiede ai CSV di “promuovere e rafforzare la presenza e il ruolo dei volontari” in tutti gli enti del terzo settore.

Il commento al nuovo assetto di Chiara Tommasini, presidente del Centro di Servizio per il Volontariato (CSV) di Verona e vicepresidente di CSVnet. “Dopo un’esperienza di vent’anni, come CSV siamo arrivati a un punto importante nel nostro cammino, che è parte determinante del suo senso e del suo valore: abbiamo dato il nostro contributo portando entusiasmo, innovazione, formazione all’interno del mondo del volontariato. Ora per noi si aprono nuovi e importanti percorsi che, ne sono sicura, porteranno nuovi stimoli e nuove esperienze di condivisione e solidarietà tra i volontari e tra gli enti che li ospitano. L’augurio è che possiamo, tutti insieme, affrontare le sfide future che ci aspettano con impegno, determinazione, costruendo reti e collaborazioni, che sono la vera ricchezza di umanità e testimonianza che è dentro i CSV.”