Una medicina fisica e mentale. Attendendo le paralimpiadi

Se ci viene chiesto di pensare a persone con disabilità che praticano sport, i primi nomi alla memoria sono Bebe Vio e Alex Zanardi, paralimpici che viviamo come degli eroi, persone che sono andate oltre la loro disabilità ottenendo grandi risultati. In Italia si stima che gli sportivi con disabilità, privi di celebrità, siano circa duecentomila, a Verona qualche centinaio, persone che, nella loro quotidianità, hanno trovato nello sport una “medicina fisica e mentale”.

 

A definirla così è Franco, padre di Federico Crosara, giocatore di tennistavolo qualificato per le paralimpiadi, che a settembre dalla città scaligera volerà a Parigi. Una qualifica sudata, guadagnata in giro per il mondo con viaggi intercontinentali, per ottenere un risultato difficilissimo.

 

 

Il tennistavolo è diviso in dieci categorie in funzione del grado di disabilità per garantire che la competizione avvenga ad “armi pari”. Cinque categorie sono riservate ad atleti che gareggiano in carrozzina, le restanti cinque ad atleti disabili che competono in piedi. Nel mondo paralimpico il tennistavolo è il terzo sport per numero di praticanti. Fra le nazioni, le “corazzate” sono quelle asiatiche come Cina e Korea del Sud, ma anche nazioni europee come Francia e Polonia vantano importanti risultati. Non ci sono differenze né a livello regolamentare né a livello di materiali tra tennistavolo paralimpico e quello praticato da “normodotati”. Proprio per questo motivo in questo sport è molto semplice fare attività integrata dove giocatori con disabilità giocano insieme o contro atleti “normodotati”. Per chi si vuole cimentare nell’attività agonistica può partecipare a un circuito di tornei nazionali che culminano con cadenza annuale nei Campionati Italiani. I giocatori, che fanno parte della nazionale paralimpica, partecipano a svariati tornei in giro per il mondo perché ogni risultato permette di guadagnare posizioni nella classifica mondiale, che sarà utilizzata per definire chi avrà il diritto a partecipare alle più importanti manifestazioni come Paralimpiadi e Campionati Mondiali.

 

 

A spiegarci tutto questo è proprio Federico. Ingegnere gestionale, è l’unico della nazionale a coniugare l’impegno sportivo con il lavoro, un part time in un centro servizi di un gruppo bancario, dedicando le sue ferie a questa attività, uno sforzo importante perché il tempo necessario per compiere qualsiasi azione quotidiana, per chi è seduto su una carrozzella, si dilata. «I più motivati nella vita hanno voglia di competere e raggiungere obiettivi andando oltre il proprio limite fisico – ci spiega suo padre – dove ciò manca, si perdono cercando alternative effimere. Chi ha una lesione midollare non può fare a meno dello sport, è importante avere una sensibilità per questo aspetto, per il potere benefico, per come fa sentire accettati, apprezzati, rispettati e per come concorra a far raggiungere l’autonomia personale».

 

 

Da qualche anno Franco è volontario in un ospedale, si occupa fra le altre attività di preparare il rientro nella propria abitazione per chi ha avuto una lesione midollare, visitando la casa e accertandone l’accessibilità, dando suggerimenti perché il ritorno possa essere meno complicato. La conoscenza di altri lesionati midollari, gli ha dato l’idea di fondare una squadra di tennistavolo, insieme hanno risolto le difficoltà logistiche nel trovare una palestra attrezzata e accessibile, grazie alla Fondazione Bentegodi. La fatica maggiore resta però la copertura delle trasferte per i tornei, gli sportivi iscritti non hanno sponsor. Franco, con una lunga esperienza nell’associazionismo, ha fondato Tennistavolo Verona GALM APS, di cui è presidente, organizzazione che gli permette di risolvere gli aspetti logistici e proporre iniziative di vita aggregativa. «La vita di relazione è fondamentale per tutti – spiega – in particolare per le persone con che hanno una disabilità, per un arricchimento personale, lo è per tutti noi». All’associazione sono iscritti 60 soci, di cui 20 genitori, che fanno il tifo per otto giovani giocatori e due veterani. Si tratta di amici e parenti, una realtà molto attiva che organizza iniziative di promozione in città coinvolgendo differenti attori, ma con un sapore familiare che, come spesso succede nel volontariato, è più propensa a fare che a comunicare e non lascia tracce nel web.

 

 

E di nuovo, come può succedere nel volontariato, è nata da un fatto personale, qualcosa che ha toccato da vicino, dal bisogno di reagire e dare una risposta, un imprevisto nella vita che ha trasformato persone in volontari: Federico, laureando, aveva 26 anni nel 2003 la domenica sera in cui stava tornando a casa in motorino, un incidente.

 

La vita può cambiare in un attimo, in associazione c’è chi ha battuto la testa per un tuffo in piscina, chi è caduto da un albero, chi ha subito un incidente in bicicletta. Il bisogno di fare prevenzione sulle attività quotidiane per i volontari è forte, soprattutto fra i giovani. Tennistavolo Verona GALM APS svolge incontri nelle scuole a Verona e provincia, lo scorso anno nella Scuola Secondaria Caliari Betteloni e nell’Istituto Salesiano San Zeno. Fra i temi si tocca anche la sicurezza stradale e si promuove lo sport, lasciando un messaggio «comprendere che nonostante quello che ti è successo, una qualità di vita la puoi avere, ma serve impegno» è il monito di Franco.

 

Dalla sua esperienza ci spiega che «chi è dentro la disabilità non la vede più, ci sei dentro, è la tua normalità». Un’affermazione che fa riflettere su come confrontarsi costantemente con una situazione che pone degli ostacoli, faccia diventare abili nel trovare soluzioni possibili e capacità nel riorganizzarsi. Un’abilità che spesso non è agevolata: da normodotati siamo così abituati ad avere facile disponibilità a spazi e opportunità a noi accessibili, da non renderci conto di quanto possano non essere inclusivi. In qualche modo la disabilità si crea tutte le volte che non forniamo gli strumenti giusti perché una persona possa muoversi ed esprimersi, rendere visibili le proprie abilità.

 

Maria Angela Giacopuzzi