Dipendenze, non sono un gioco

csv fv16 talkLo sapevi che…? Da scoprire in piazza Bra alle 16.00 con il talk Dipendenze, non sono un gioco durante la XVI Festa del Volontariato domenica 25 settembre.

 
csvfestavolontariato2014Quando il gioco diventa azzardopatia? Come fare se chi soffre una dipendenza da alcol rifiuta di curarsi? Sono davvero noti ai più giovani i rischi del fumo? Riconoscere i segnali d’allarme e capire come porsi. Di fronte alla dipendenza da Internet, trovare le giuste informazioni per contrastare il cyberbullismo.

– ACAT Associazione Club Alcologici Territoriali – Verona Sud
– ASHSG Associazione Self-Help San Giacomo
– Mutilati della Voce
– NADIA Nuova Associazione di Genitori Insieme per l’Adozione

 

«Chiamarla ludopatia ha quasi un nome piacevole» spiegano all’associazione ASHSG Associazione Self-Help San Giacomo, «chiamiamola azzardopatia, per ricordare che è un azzardo, per dire ciò che è, perché se usiamo questa parola ci sono subito chiare le insidie che comporta». Un disagio le cui prime avvisaglie sono rilevabili quando la persona che ci vive accanto ha l’idea fissa del gioco, si creano tensioni relazionali, diventa marcata l’aggressività e i soldi se ne vanno velocemente dal conto. Sono radici comune ad altre dipendenze a generare questo disagio: stati di malessere, problemi nelle relazioni con gli altri, isolamento. Spesso chi ne è interessato ha la sensazione di poter smettere quando vuole e di non soffrire di un disturbo, rendendo impossibile l’approccio medico e l’aiuto da parte delle strutture preposte, come ad esempio il Dipartimento delle Dipendenze dell’ULSS. Così tocca al famigliare, o a chi gli è vicino, cercare questo aiuto. A darlo possono essere persone che ci sono già passate, “esperti” della situazione di vita, che hanno imparato atteggiamenti da tenere, soluzioni ai problemi di tutti i giorni, vie da percorrere, e che possono offrire un confronto. E’ quanto accade ai gruppi di auto aiuto cui si può accedere unitamente al supporto con consulenze psicologiche, psichiatriche, sociali, legali.

Analoghe origini nelle difficoltà a relazionarsi e nell’isolamento e medesimi campanelli d’allarme ha il disagio di chi è dipendente dall’alcol, e anche in questo caso non vedere la propria difficoltà significa non accedere ai canali sanitari preposti per la cura. Nuovamente è il familiare a cercare aiuto e, non potendo curare l’aspetto medico, cerca altre forme, ritrovandosi a curando la relazione. «E’ risolutivo non tentare di cambiare chi è in dipendenza, ma modificare il nostro modo di affrontare questa persona: all’ACAT abbiamo casi in cui entrare al club per un familiare ha portato, un po’ alla volta, il dipendente ad abbandonare l’alcol» spiegano al club di Verona Sud. «Si impara a non “puntare il dito” e ad avere chiaro che per il “dipendente” (è puntuale la nostra richiesta di non usare la definizione “alcolista”, poiché non esiste l’alcolista, ma l’alcol che distrugge) l’alcol serve per lenire il dolore fisico e psicologico» precisano. Al club si viene accolti in quella che diventa una famiglia, la condivisione del problema e il confronto permette una salubre evoluzione nei rapporti. «Sto bene al club quando vedo le persone cambiare, insieme diventiamo “la famiglia del club”» spiega una servitrice-insegnante, figura che nel club ha lo scopo di catalizzate la crescita e maturazione del gruppo, mettendosi a servizio degli altri sulla base di una solidarietà reciproca, dove ognuno diventa responsabile dell’altro, o meglio dove tutti sono responsabili di tutti, un ruolo che si acquisisce dopo un corso di sensibilizzazione e molta esperienza.

E’ il fumo un’altra sostanza che distrugge fisicamente, lo sanno bene i Mutilati della Voce, associazione al cui interno confluiscono persone che, a causa del cancro alla laringe, nel più dei casi dovuto proprio al fumo, hanno subito la laringectomia ossia l’asportazione completa dell’organo comprese le corde vocali). Ciò ha comportato per loro la perdita della voce, l’impossibilità di tornare a respirare con il naso e problemi nella deglutizione che costringono a pesanti rieducazioni, non risolutive tuttavia delle conseguenze psicologiche di un così drastico cambio di vita. Il loro impegno è nel sensibilizzare già nelle scuole ai corretti stili di vita, primo fra tutti la rinuncia al fumo, anche grazie a volontari laringectomizzati che si mettono a disposizione come esempio. Un esempio davvero schioccante, ma chiaro, soprattutto per un ragazzino che guarda alle sue prime sigarette come a uno status symbol, un oggetto e un gesto che lo renderà accettabile agli occhi del gruppo di appartenenza.

Con l’accettazione del gruppo e la giovane età da una parte, il ruolo educativo di scuola e genitori dall’altra, fa i conti un’altra piaga dei nostri tempi. «Internet ha sconvolto il rapporto genitori-figli, fra i due è come se si fosse creato un buco: gli adulti conoscono limitatamente la Rete e non sanno come gestirla, in particolare manca la conoscenza di alcuni social e piattaforme in uso fra i più giovani e diventa difficile per un genitore capire come fare, ma si può imparare, sebbene siano le scuole, più che i genitori, a chiedere aiuto» così introduce il problema NADIA ONLUS a proposito del cyberbullismo, disagio che per un minore equivale a una pressione ventiquattro ore su ventiquattro: impossibile, come accadeva ai genitori da ragazzini, tentare di eludere incontri spiacevoli evitando di frequentare luoghi o cambiando i propri orari, difficile restane fuori.
Per i genitori il lavoro più grande da fare è sulla relazione, non temere di monitorare l’attività sul Web del proprio minore e avere chiaro che è sotto la propria tutela, con lui apertamente, ovvero facendogli sentire che in qualunque momento è lecito che il genitore possa avere accesso ai suoi profili e pertanto ne abbia i codici di accesso. Lavorare sulla relazione è importante in particolare perché porsi come antagonisti porta ad essere percepiti come nemici e ottenere una chiusura da parte sua. Riconoscere che c’è un problema è la prima cosa da fare, quindi va prestata attenzione a possibili campanelli d’allarme: è diventato riservato, silenzioso, cancella i messaggi o i post a lui diretti, allora forse è una vittima di bullismo; chiede visibilità, è spavaldo, allora potrebbe essere chi, protetto da un monitor, ha il coraggio di sferrare attacchi, nonostante appaia agli occhi del genitore il consueto ragazzo mite.
Un’altra insidia dell’era cyber per un giovane, ma non solo, è la manipolabilità. Fra le peculiarità, quelle negative, dei social network, ci sono l’elevazione dell’ego e della sua visibilità, i tempi di risposta brevissimi che si hanno davanti a un post e che privano del tempo di riflessione, sfruttando l’impulso del momento. Peculiarità che il
Webmarketing ben conosce e sfrutta.