Attrezzature di lavoro e uso dei DPI in sicurezza

Tutelare la salute e la sicurezza del personale volontario è importante per agire nel modo corretto (nel proprio contesto di riferimento) e abbassare al minimo le situazioni di rischio. Ma c’è anche una precisa prescrizione di legge, il D.Lgs. 81/08 che, come approfondito in questo articolo, equipara i volontari ai lavoratori autonomi (in base all’articolo 3, comma 12-bis, e all’articolo 21).

Il mondo del volontariato è molto vasto, e include tantissime tipologie di mansioni. È normale, quindi, che alcune di esse prevedano l’uso di specifiche attrezzature di lavoro. Una casistica, giusto per citare un esempio, può essere rappresentata dalle attività di giardinaggio, con utilizzo di macchinari quali decespugliatori o tagliaerba. Strumenti che possono essere associati a rischi più o meno elevati per il volontario, e che spesso richiedono l’impiego di adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI).
Dunque, come declinare queste esigenze in un ente del Terzo settore che lavora con volontari? Chiariamo alcuni concetti, per poi vedere qualche suggerimento.

 

Attrezzature di lavoro e non solo: alcune definizioni

 Se è vero che le associazioni con soli volontari non sono tenute a redigere un documento di valutazione dei rischi, d’altro canto esse devono comunque analizzare le attività svolte.
Al volontario, infatti, dev’essere fornita un’informativa sui rischi, che includa anche le misure da adottare per limitare al minimo le situazioni rischiose. Inoltre, a seconda della mansione di sua competenza, è tenuto a utilizzare attrezzature di lavoro consone ai requisiti di sicurezza e conformità CE. Utilizzando, qualora sia necessario, i DPI adatti. Questi sono tutti elementi che possono dipendere dal singolo caso, in base al tipo di attività.
L’articolo 69 del Testo Unico sulla salute e sicurezza ci aiuta a fare chiarezza sulle diverse terminologie, con alcune importanti definizioni. Ovvero:

  • attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto, inteso come il complesso di macchine, attrezzature e componenti necessari all’attuazione di un processo produttivo, destinato a essere usato durante il lavoro;
  • uso di attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa a un’attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;
  • zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno o in prossimità di un’attrezzatura di lavoro, dove la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;
  • lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o in parte in una zona pericolosa;
  • operatore: il lavoratore incaricato dell’uso di un’attrezzatura di lavoro o il datore di lavoro che ne fa uso.

Le attrezzature di lavoro, quindi, andranno scelte sulla base delle condizioni e delle caratteristiche dell’attività da svolgere, dei rischi presenti e di quelli che possono derivare dall’uso delle stesse e/o da interferenze con altri strumenti e/o persone.

In generale, ove previsto, andrà tenuto un registro di controllo delle attrezzature utilizzate. Esse, inoltre, dovranno essere:

  • installate e usate secondo le istruzioni d’uso;
  • oggetto di idonea manutenzione;
  • aggiornate secondo i requisiti minimi di sicurezza.

 

 Cosa sono i dispositivi di protezione individuale (DPI)

Per prima cosa, è importante ricordare che il D.Lgs. 81/08 privilegia l’uso di misure di prevenzione e protezione collettiva, per permettere al lavoratore – o al volontario, in questo caso – di operare in un contesto il più possibile sicuro e confortevole.
I DPI, ovvero i dispositivi di protezione individuale, vanno impiegati per quei rischi che non possono essere evitati o ridotti tramite le misure di tipo collettivo. Essi, come da definizione, rappresentano “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”.

Oltre a dover essere conformi alle norme del regolamento UE 2016/425, essi devono anche:

  • essere adeguati ai rischi da prevenire (senza comportare un rischio maggiore);
  • essere adeguati alle condizioni esistenti;
  • tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute dell’utilizzatore;
  • poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità.

In base al grado di rischio dell’attività da svolgere, inoltre, i DPI vengono suddivisi in tre diverse categorie, in ordine crescente a seconda della gravità dei danni dai quali proteggono. Tornando all’esempio del giardinaggio, alcuni DPI possono essere: casco, guanti da lavoro, occhiali protettivi, cuffie antirumore, ecc.

 

Attrezzature e DPI nel volontariato: come comportarsi?

Nelle associazioni con soli volontari non sussistono obblighi stringenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ma è chiaro che sono poi le scelte individuali a fare la differenza e a tutelare le diverse figure coinvolte.

Ad esempio, come stabilito dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 81/08, l’associazione può decidere se sostenere i costi per la sorveglianza sanitaria e per la formazione dei volontari. Anche questi ultimi, tuttavia, possono richiedere di beneficiare della sorveglianza sanitaria e di partecipare ai programmi di formazione, in base ai rischi della propria mansione.

Lo stesso vale in tema di attrezzature e DPI nel volontariato, poiché non vi sono obblighi che indichino chi deve occuparsi di procurarli, ovvero se l’associazione o il singolo volontario.

Per questo è sempre auspicabile definire un minimo accordo scritto preliminare tra ente del Terzo settore e volontari, per andare a chiarire i punti fondamentali che riguardano l’operatività e la tutela di salute e sicurezza.

Non è necessario redigere un vero e proprio contratto, ma un accordo anche semplice, che vada però a specificare aspetti importanti, quali:

  • fornitura di attrezzature e DPI (a carico di chi);
  • richiesta o meno di sorveglianza sanitaria e a carico di chi;
  • modalità per la formazione dei volontari (incontri, opuscoli, ecc.);
  • durata e contenuti della formazione.

 

Questo articolo è stato scritto per CSV di Verona da Studio Essepi SRL, grazie a una collaborazione volta a creare nel volontariato la cultura della sicurezza attraverso approfondimenti fruibili e pratici.

 

Vuoi saperne di più?

 Nell’area Gestione Associativa e Terzo Settore del nostro sito abbiamo attivato la nuova pagina Sicurezza sul Lavoro per Associazioni con tutte le principali informazioni sul tema.