Sicurezza sul lavoro e volontariato: cosa devi sapere

Che si tratti di attività lavorative o di volontariato, tutelare la salute e la sicurezza delle persone è importante in ogni contesto. A seconda delle mansioni da svolgere e del tipo di ambiente, per non parlare dell’eventuale impiego di attrezzature specifiche, sono diversi i rischi potenziali che possono manifestarsi. È fondamentale conoscerli per sapere come prevenirli o, in caso, gestirli nel modo corretto.

Anche il mondo del volontariato deve attenersi a precisi standard di riferimento in tema di sicurezza. Al di là delle situazioni di obbligo o meno, ciò che è cruciale sottolineare da subito è quanto possa fare la differenza agire e comportarsi nel rispetto della propria e della altrui sicurezza.

Un “cambio di mentalità” non da poco, per vivere la formazione alla sicurezza non come un qualcosa di imposto, ma come un regalo da fare a sé stessi e a chi ci circonda. In questo articolo, vediamo cosa prevedono le normative per enti che hanno personale retribuito e/o volontario, oltre a un focus dedicato alle associazioni che hanno solo volontari.

 

Personale retribuito e volontari: responsabilità e sicurezza

 

L’esposizione ai rischi coinvolge tutti indistintamente, sia in ambito lavorativo che di volontariato. Ciò che si può fare, è agire innanzitutto sulla consapevolezza: delle responsabilità, delle misure di prevenzione e di quelle necessarie per intervenire in modo efficace nel momento in cui dovesse presentarsi una situazione di pericolo.

Per prima cosa, per quanto riguarda la responsabilità, è quindi importante capire cosa prevedono il Codice Civile e il Codice Terzo Settore:

  • responsabilità extracontrattuale (art. 2043 Codice Civile): «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcirne il danno»;
  • responsabilità contrattuale (art. 38 Codice Civile): «Delle obbligazioni […] rispondono anche personalmente e solidalmente coloro che hanno agito in nome e per conto»;
  • Codice Terzo Settore (art.28): «Gli amministratori e i componenti dell’organo di controllo e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti rispondono nei confronti dell’ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi».

Va ricordato, inoltre, che la responsabilità dev’essere sempre dimostrata, anche nel volontariato: se, da un lato, essa è attenuata essendo l’incarico a titolo gratuito, dall’altro bisogna comunque dimostrare di aver fatto tutto il possibile in tema di sicurezza. E la responsabilità penale è sempre personale.
In generale, ecco un riepilogo delle azioni necessarie per enti che hanno personale retribuito e/o volontari:

  • ente con personale retribuito: il presidente ricopre la carica di datore di lavoro. È necessario: nominare un Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP), avere un Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), rispettare la sorveglianza sanitaria e frequentare i corsi di sicurezza sul lavoro;
  • ente con solo volontari: come stabilito all’articolo 3, comma 12, del D.Lgs. 81/08, ai volontari si applicano le disposizioni riferite alla tutela dei lavoratori autonomi (maggiori dettagli nel prossimo paragrafo);
  • ente con personale retribuito e volontari: l’RSPP deve prevedere tutele e formazione anche per i volontari. Dev’essere prevista la divisione dei compiti e la valutazione delle possibili interferenze.

 

Sicurezza per associazioni di soli volontari

 

Come anticipato, in base a quanto stabilito dall’art. 3, comma 12-bis, e dall’art. 21 del D.Lgs. 81/08, i volontari sono equiparati ai lavoratori autonomi.

Dunque, da un lato, le associazioni di soli volontari non sono tenute a effettuare la valutazione dei rischi (DVR). Dall’altro, però, devono comunque analizzare le attività svolte per predisporre:

  • un’informativa sui rischi, da fornire al volontario;
  • misure e istruzioni volte a limitare i rischi al minimo (da indicare eventualmente nell’informativa).

Inoltre, è previsto che l’ente del Terzo settore fornisca ai volontari:

  • attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di sicurezza e conformità CE;
  • adeguati Dispositivi di Protezione Individuale (DPI);
  • tessera di riconoscimento, nel caso in cui il volontario svolga attività in convenzione o presso altri enti.

L’associazione di volontariato può invece scegliere, in base a quanto stabilito dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 81/08, se sostenere i costi per la sorveglianza sanitaria e per l’informazione e formazione dei volontari. Questa facoltà risiede nella possibilità di chiedere ai volontari un’autocertificazione che attesti i loro requisiti in tal senso.
Va comunque evidenziato che, secondo lo stesso riferimento di legge, i volontari possono richiedere all’associazione di beneficiare della sorveglianza sanitaria e di partecipare ai programmi di formazione in materia di sicurezza sul lavoro, in base ai rischi specifici della propria mansione.

Ogni situazione, chiaramente, andrà poi valutata caso per caso, anche a seconda del tipo di attività da svolgere. Alcune, ad esempio, non prevedono l’obbligo di sorveglianza sanitaria quando le mansioni dei volontari li espongono a rischi trascurabili da questo punto di vista. Al contrario, in altre situazioni (ad esempio le attività di assistenza sanitaria), la sorveglianza da parte di un medico del lavoro può essere obbligatoria o comunque fortemente consigliata.

Per questo è sempre consigliabile affidarsi al parere di professionisti del settore della sicurezza, in modo da capire quali sono i rischi specifici da considerare e le adeguate misure di prevenzione.

 

Letture di supporto e consulenze

 

Questo articolo è stato scritto per CSV di Verona da Studio Essepi SRL, grazie a una collaborazione volta a creare nel volontariato la cultura della sicurezza attraverso approfondimenti fruibili e pratici.
È il primo di alcuni articoli che verranno pubblicati in questo sito tra il 2021 e il 2022.

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